Il cinema è la quintessenza del movimento: il cinema è movimento. Grazie agli incredibili progressi degli studi sull’ottica dell’800 e grazie alla scoperta scientifica del principio di persistenza retinica delle immagini da parte del fisico belga Joseph Plateau, il cinema è la prima arte tecnicamente in grado di rappresentare lo scorrere del tempo, di restituire la dinamicità, il divenire insito nella nostra esperienza del mondo e della realtà.

Parthenon frieze bas relief © Giannalberto Bendazzi – Animation: A World History

Il primo tentativo di rappresentare il movimento risale a migliaia di anni fa. Questa immagine che rappresenta i bassorilievi del fregio del PartenoneGeorges Sifianos, 'Lo scalpello animato di Fidia', in Animazione. Una storia globale, Giannalberto Bendazzi , UTET, Torino, 2017., analizzata dallo storico di cinema di animazione Georges Sifianos, è incredibilmente simile agli esperimenti di cronofotografia di Marey e Muybridge che appariranno 2200 anni più tardi. Ogni animale è quello che oggi chiameremmo un fotogramma chiave di un’animazione.

Più di due millenni dopo catturare e rappresentare il movimento è la sfida che accomuna i padri della fotografia, del cinema, i pittori e gli scultori a cavallo fra ‘800 e ‘900, nella profonda convinzione che tutta l’arte avesse il compito di manifestare e riflettere la complessità e la velocità di un mondo in rapido e continuo mutamento, scenario inedito in cui uomo e macchina si muovono all’unisono. E l’arte ha un sogno: rappresentare tutto questo in un’unica esperienza percettiva dove suoni, colori, movimento si fondono e derivano gli uni dagli altriSinestesiaclose.

Composition VI (1913) – Wassily Kandinsky © State Hermitage Museum

“Mi sembrerebbe davvero strano che il suono non potesse suggerire il colore, che i colori non possano donare l’idea d’una melodia e che il suono o il colore possano sembrare inadatti a tradurre le idee. Tutte le cose si esprimono in un’analogia universale, dal giorno in cui Dio creò il mondo come una complessa ed indivisibile totalità.”
Charles Baudelaire'Lettera di Baudelaire a Wagner', in Charles Baudelaire, Saggi critici, a cura di Cinzia Bigliosi, Edizioni Pendragon, Bologna, 2004, pp. 151-153.

In questo quadro si inserisce il cinema e in particolar modo il cinema muto italiano degli anni ‘10 che viene visto come mezzo privilegiato per interpretare la modernità. Il mondo dell’arte guarda al cinema con ottimismo e interesse e come mezzo potenziale per raggiungere finalmente il miraggio dell’opera d’arte totale e sinestetica. L’interesse nei confronti del cinema è trasversale a tutte le arti: Edmondo De Amicis scrive Filosofia del cinematografo, in cui difende i valori estetici e poetici del cinema. Vasilij Kandinsky, pittore che si era spinto molto avanti nell’idea di un’arte che fondesse più arti, si interessa di cinema. Schönberg, il compositore che stravolge le regole della musica tonale, sostiene che il cinema sia, più del teatro, lo strumento ideale per trasferire in immagini la propria musica. Gabriele D’Annunzio scrive che il cinema è l’unico mezzo che possa rappresentare le Metamorfosi di Ovidio, intendendo con ciò che il cinema è l’arte del mutamento. Nei dibattiti della neonata psicologia di inizio ‘900 il cinema appare come un “apparato dalla comunicazione simbolica” capace di combinare il linguaggio visuale delle altre arti del tempo (fotografia, pittura, arte grafica) all’interno di una percezione sinestetica in grado di richiamare emozioni universali.

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Il cinema piace soprattutto alle avanguardie e i primi a manifestare un interesse, influenzando così tutte le altre avanguardie, sono i futuristi, attraverso il Manifesto della cinematografia futurista di Filippo Tommaso Marinetti, del 1909. Ad ogni modo, Rapsodia satanica non è affatto un film futurista anche se futuristi adoravano Lyda Borelli.

Rapsodia satanica è un film liberty e più impregnato delle decadenti e crepuscolari atmosfere dannunziane che di quelle dell’avanguardia. Ma l’interesse futurista nei confronti del cinema è in primo luogo legato a quell’idea di continuità, di dinamismo vitale che il cinema porta con sé e della capacità di questo mezzo di offrire una rappresentazione sinestetica (e sinottica) della modernità. E questo è vero soprattutto per il cinema italiano degli anni dieci in particolar modo se riferito a Rapsodia satanica di Nino Oxilia, che tra gli altri primati vanta quello di essere il primo film con una composizione musicale scritta appositamente dal grande compositore Pietro Mascagni e che fa del colore un mezzo espressivo senza precedenti.

In quegli stessi anni, il pittore futurista Gino Severini si lascia sedurre dalla Parigi di inizio secolo e trova nelle atmosfere dei cafè parigini quel dinamismo che è ormai diventato un nuovo canone di bellezza. In modo particolare, identifica nelle danze delle ballerine il ritmo dell’oggetto colto nella sua vita dinamica.

Ballerina in blu, quadro dipinto nel 1912, illustra la fascinazione dell’artista per l’essenza del movimento e la diversa natura sensoriale della danza. Gli stessi temi e simili suggestioni sono presenti nel film di Oxilia, girato in Italia solo tre anni dopo.